domenica 3 febbraio 2008

FRANCESCO PERILLI E IL MULTICULTURALISMO

Francesco Perilli appare come un uomo schivo, umile, che lavora sodo "passo, passo" come ama spiegare; artista versatile, predilige ogni tipo di sperimentazione e considera la sua arte "circolare". E’ un autodidatta antesignano per eccellenza, il primo che ha parlato di "multiculturalismo" quando il termine non era stato coniato nemmeno nei vocabolari e in pochi lo conoscevano nella sua accezione più profonda. E’ un uomo che riesce a mettersi in discussione, che si prende sul serio senza tralasciare una vena di sottile ironia che non lo abbandona mai, come l’inseparabile sigaro. L’impressione che ho di lui è quella di un essere autentico e sobrio. Libero e fedele al nome che porta, Francesco, appunto.
Perilli è l’ideatore e realizzatore del simbolo del multiculturalismo, un’opera bronzea collocata in quattro continenti che presto sarà anche ad Assisi, Los Angeles e probabilmente in Palestina.
La storia
Francesco Perilli ha un nome che, suo malgrado, lo condiziona, quello del poverello d’Assisi ed è nato, neanche a farlo apposta, il 4 ottobre del 1949 a Nereto (Teramo). Figlio di un ebanista, vive nell’immediato dopoguerra le difficoltà di un paese in ricostruzione, perciò non può studiare, perché deve lavorare ed aiutare la famiglia. Apprende i primi rudimenti dell’arte dal padre, poi frequenta nel ’65 la locale bottega di ceramica ed infine conosce la terza dimensione frequentando lo scultore ascolano Giuseppe Marinucci. In molti tra intellettuali ed artisti hanno contribuito in questi anni alla sua formazione, ci è impossibile per ragioni di spazio elencarli tutti, ma basta ricordare Pietro Annigoni, Federico Zeri, Domenico Guzzi, Carlo Levi, Dacia Maraini, Ermanno Olmi, Carlo Lizzani, Nann Loy tanto per citarne qualcuno.
L’intervista
"Quando hai deciso che avresti fatto l’artista?"
- Lo stimolo c’è stato un po’ da sempre, ma quello che mi ha incoraggiato è stata la partecipazione ad un premio, su mille opere la mia è risultata la prima, qualche volta i premi servono ad aiutare a proseguire in varie attività, è una scommessa che si fa molto ingenuamente agli inizi del terribile cammino che ci attende…ma la manualità la devo senz’altro a mio padre che era un falegname ebanista che mi ha insegnato a manipolare la materia, anche i colori, poi piano piano è venuto il disegno, però la bottega anche se non è quella classica fiorentina, però la manualità legata ad un’inclinazione, sicuramente produce qualcosa.-
"Bisogna avere talento!"
Non sta a me dire se io ce l’ho, è certo che sono stato incoraggiato parecchio, per esempio da Federico Zeri e da grossi nomi del mondo dell’arte che hanno trovato i miei lavori interessanti, il modo in cui li realizzo, le tecniche che uso che sono un po’ esclusive.-
"Lei ha incontrato molti intellettuali, quale peso hanno avuto nella sua formazione artistica ed umana?"
Per me hanno rappresentato un esempio, ho provato per loro una grande ammirazione, la loro autorevolezza mi ha incoraggiato tantissimo ad avere maggiore fiducia in me stesso, perché ero disorientato, non provengo da scuole particolari, perciò non ho riferimenti o canoni da seguire, è un percorso quotidiano, un taglia incolla, costruito negli errori, nei risultati, nei pensieri incompleti che qualcuno aiuta ad aggiustare, è una cultura fatta di attenzione a tutto ciò che ci sta intorno, più che una cultura scolastica. Io non ho l’accademia di Belle Arti alle spalle, né un corso di studi regolare, ho lavorato fin da piccolo.-
"Però ha scelto di fare l’artista, invece dell’operaio, ardeva, quindi, il sacro fuoco che è stato più forte di tutto?"
Assolutamente sì. Agli inizi c’è stato un premio, poi ne ho conseguiti decine, uno dietro l’altro, risultavo sempre tra i primi, qualche articoletto sul giornale locale, qualcuno acquistava un disegno, magari per cinquemila lire che a me bastavano ed avanzavano per le piccole cose che servivano ad esercitarmi e quindi ad andare avanti, e tutto questo è un’avventura abbastanza particolare.-
"Una lunga gavetta…"
Assolutamente…e ancora prosegue.-
"Poi è arrivato al monumento del multiculturalismo, perché?"
Forse era la parola che mancava al mio pensiero, quando sono andato in Canada ed ho avuto l’impatto con un tessuto sociale così ricco ed assortito, mi sono chiesto quali sincrasie derivassero da queste convivenze, mi interrogavo su quale risultante culturale nuova avrebbero prodotto ed ho pensato al multiculturalismo come ad un piccolo esempio del mondo unito e non condividevo che si trattasse di un fenomeno solo canadese per amministrare e dare il contentino alle minoranze, perché lì si contendono il territorio i francesi e gli inglesi e gli altri sono considerati ancora dei deportati.-
"Perciò ha convogliato tutte le sue energie su questo concetto del multiculturalismo tanto da trasferirlo nella sua arte?"
- Sì, sicuramente è un problema esistenziale, ho cominciato a guardare il mondo da una prospettiva astratta, vedevo una sfera con tutte queste formichine con i loro recinti.-
"A che punto siamo in Italia, a suo parere, per quanto riguarda il multiculturalismo?"
La nostra è una cultura nazionalista ben radicata, poi c’è stata un’espressione liberista sconsiderata, oggi bisogna intensificare gli scambi culturali, è una tematica nuova, perché si accelera la comunicazione, i trasporti, c’è un disequilibrio economico planetario che è preoccupante e ci deve far pensare seriamente al nostro futuro e a quello dei nostri figli, la conservazione della nostra cultura, pur nell’apertura ad altre culture, bisogna tutelare il particolare in correlazione con l’universale.-
"Abbiamo assistito ad una guerra tra poveri"
- Ma c’è sempre stata la guerra tra poveri, si è accentuata piuttosto
- La guerra tra poveri c’è sempre stata

Che cos’è il multiculturalismo
Francesco Perilli e Domenico Guzzi ne parlano in un libro che sarà presentato il 18 agosto a Martin Sicuro e si può riassumere nel concetto, che dovrebbe essere insito nell’uomo ed espresso da Perilli nel suo Manifesto del Movimento Multiculturale che recita: "Il Multiculturalismo è il moderno modo di pensare, essere, vivere ed operare che, per il raggiungimento del bene comune, pone a proprio fondamento nuove e multiformi strategie di pacifica convivenza tra culture e religioni diverse."
L’opera simbolo del multiculturalismo
E’ un’opera bronzea ideata e realizzata dall’artista in chiave postmoderna che raffigura un uomo, al centro del globo, nell’atto di unire due meridiani; gli altri meridiani sono tirati su da colombe già simbolo della pace, esse incarnano le vitalità culturali che nel rispetto reciproco aiutano a costruire il mondo. La figura umana rappresenta l’uomo universale ed è raffigurata senza volto e senza capelli, proprio per evitare qualsiasi identificazione con una specifica etnia. Lo sforzo che l’uomo compie è teso ad unire il mondo nell’implicito messaggio che lo vede protagonista della divisione operata e al quale spetta riunificare il tutto. Il simbolo del cerchio non è casuale ed esprime il rapporto imprescindibile tra uomo e natura nella loro globalità, mentre le altre otto colombe che tirano i relativi meridiani rappresentano i quattro punti cardinali e le direzioni intermedie della rosa dei venti, insomma da qualsiasi parte arrivino le culture contribuiscono tutte, senza distinzione, alla costruzione del mondo.
Il messaggio di quest’opera è forte ed è arrivato in vari continenti e in città simbolo, vedi Sarajevo, dove gli integralisti volevano toglierla ed in seguito coprirla, tanto da trasformarla da simbolo della tolleranza, in quello dell’intolleranza, fortunatamente senza riuscirci.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Segnalo con piacere il profilo del maestro Francesco Perilli sull'enciclopedia libera Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Perilli_%28artista%29