Domenica, 13 luglio 2008: Cagliari s’inchina al genio eclettico di Daniele Silvestri, che si esibisce in un concerto (gratuito) all’interno della manifestazione Mondo Ichnusa. L’evento chiude una tre giorni fatta di sport, cibo, birra e tanta musica (nei giorni precedenti, sul palco anche Tiromancino e Frankie HI NRG MC).
Un grande palco, palchetti minori e chioschi montati per l’occasione sulla grande spiaggia del capoluogo sardo, il Poetto. Ma la scenografia sarebbe anche potuta mancare perché Daniele regala al pubblico presente un concerto che, di per sé, è già grandioso. Anzi, più che un concerto è un viaggio, come lui stesso lo definisce. Un viaggio che geograficamente passa per Napoli, Puglia, Olanda, Sardegna (spassosissimo l’esordio di La Paranza con la tecnica del canto a tenore, intonata insieme al coro di Neoneli, special guest della serata) e via dicendo, fino ad arrivare ovviamente a Cuba, e che metaforicamente passa per tutto ciò che fa parte della vita: amore, amicizia, politica, matrimonio, viaggio…
Quello che canta, suona, parla e si agita sul palco è senz’altro il miglior Silvestri che conosciamo: quello che si diverte e fa divertire proponendo canzoni come Sogno B (perché, come ricorda al pubblico, la musica è soprattutto gioco), quello che non dimentica l’impegno politico (ribadito sia con brani come L’uomo col megafono e Il mio nemico che con ironiche trovate da vero giullare) e quello sociale (assolutamente suggestiva la performance in La bomba, ma non manca Gino e l’alfetta, perché di cose serie si può parlare anche scherzando), quello che vuole ricordare che sì, scrive anche canzoncine un po’ demenziali (come Banalità, Domani mi sposo e Si, no… non so) ma lui e la sua band sono signori musicisti che possono passare con assoluta naturalezza dal melodico al rock, dal reggae al blues, dalla techno al latino-americano.
Silvestri esordisce proponendo la sua musica anche come mezzo per incanalare la rabbia e con la magistrale esecuzione di Il dado, così carica di energia, ne ha dato ottima prova.
Un concerto che dura più di due ore, interrotte solo da due brani eseguiti dai Tenores, e che per una notte fa dimenticare ai suoi fans della prima ora che: 1) Silvestri non è più l’artista di nicchia che si vede poco in tv; 2) che la sua presenza ai concerti del Primo maggio è divenuta troppo scostante; 3) che ormai pure lui si è convertito al Dio profitto (Salirò è bella, ma è anche una gran trovata commerciale, per non parlare della riciclata Monetine, versione amputata della precedente Pozzo dei desideri); 4) che il suo estro creativo ormai sta troppo a riposo (l’ultimo album totalmente nuovo e degno di ammirazione, Uno, dué, risale al 2002); 5) che con La paranza e Gino e l’alfetta li aveva illusi di essere tornato all’apice della creatività ed invece Il latitante (titolo dell’album da cui sono tratte) si è rivelato essere proprio il suo estro creativo (tanto per citarne una, cosa c’è del vero, grande Silvestri in A me ricordi il mare?!).
Quanto all’esibizione di ieri, unica pecca su cui non è facile chiudere occhio è la pesante assenza di Aria, mentre le aspettative dei “compagni” (e dei simpatizzanti) non sono state deluse nel finale con l’arrivo della tanto attesa Cohiba. E che Cohiba!
Come ultima chicca, il diavoletto Silvestri concede a sé ed ai suoi musicisti, con grande piacere dei presenti, un momento di puro divertimento, esibendosi con tutta la band in una performance di sole percussioni: ultimo fotogramma di un bel pezzo di viaggio vissuto insieme.
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