Cari "Cointristiti",
scrivo solo ora qualche riflessione sugli esiti elettorali, perché ho voluto far sedimentare dapprima la mia "molta" amarezza. Da questa reiterata prova elettorale politico-amministrativa è emersa, sia una pluralità di segnali comportamentali compatibili solo con una certa bizzarria di "refusi" della Storia, che ci inducono, comunque, un sentimento di commiserazione, perché concepiscono la propria attardata immaginazione come l'unico parametro risolutore dell'intricata problematicità della vita, sia la stabilizzazione, anche a livello locale, di un corposo orientamento partitico, che deve suscitare preoccupazione e allarme, in quanto registra il radicamento di un sentire rozzo, al limite della volgarità, e certamente estraneo alla sensibilità civile della grande maggioranza di questa collettività, che, per la particolare collocazione geografica, ha sofferto nel corso dell'ultimo conflitto gravi lacerazioni fisiche e psicologiche, portandola alla maturazione di un'intensa e quasi istintiva avversione ad ogni sregolatezza sociale e istituzionale, vissute come un insopportabile sopruso. Esso testimonia dell'insinuarsi di un rilevante e crescente scollamento storico e sociale, poiché rappresenta una concreta inversione valoriale, subdola e accattivante, di cui i "gerenti istituzionali", evidentemente, non
ne hanno rilevato la minacciosa presenza o l'hanno sottovalutata con colpevole negligenza., dimentichi di una "banale" verità: la Democrazia è una forma di gestione politica, che può portare gradualmente anche al bieco autoritarismo attraverso il fascinoso ed emotivamente appagante populismo (Mussolini e Hitler docent!).
Alcuni imprevisti rovesci elettorali amministrativi rientrano in questo atteggiamento di vistosa insensibilità e presuntuosa personalizzazione della politica!Essi sono la denuncia di un protagonismo operativo, che sacrifica il genuino spirito democratico, ribaltandone, non solo la funzione storica contingente, ma anche quella di una necessaria e continua suggestione pedagogica!L'Ente Locale, che è l'articolazione istituzionale dello Stato più prossima ai cittadini, se non ne recepisce i bisogni o elabora per essi, imperativamente, soluzioni non condivise o preventivamente non socializzate, perché viene negletta dal gestore la sua connaturale ed essenziale funzione di servizio comunitario, che lo definisce storicamente e lo giustifica politicamente, verrà percepito come negativo e col tempo si affermerà il convincimento della sua valenza oziosa, accentuandosi la qualificazione di essere solo una sovrastruttura funzionale agli interessi del partito egemone, che vi colloca i suoi più "organici" adepti per provvederli di generosi compensi pubblici, suscitando un moto crescente di opposizione, che in prima istanza è politica e successivamente diviene sociale con venature anarcoide, raccogliendosi e formalizzandosi dietro alle "grida" dell'immancabile "demiurgo" di turno, il quale rinfocola gli animi esasperati con semplificatori comportamenti elettorali qualunquistici!
Il "terrore politico" di ogni autentico democratico( di Destra o di Sinistra !) non è il voto dato ad un'opposizione partitica strutturata su ideali, che esaltino la socialità e l'ossequio delle regole, che ne discendono ( tale eventualità rientra nella fisiologia di ogni sistema politico democratico!), ma è quello dato a chi si fa paladino di una incontrollata ingordigia individualistica, fomentatrice dell'insulsa cultura debellatrice di ogni limite normativo, tralasciando subdolamente la nozione
storico-sociologica che la "regola" è il presupposto indispensabile di ogni aggregazione umana, per quanto primitiva possa essere, la quale tende a progredire, poi, nell'auspicata forma di "Stato di diritto": rivendicazione popolare secolare e tanto sofferta di civilizzazione, perché abolisce ogni forma di soggezione sociale "extra legem" , sostituendola con un perfetto rapporto paritario.
Essa esplica, dunque, una funzione di difesa dei diritti del cittadino "umile" e di garanzia dall'agiredel "potente", che la soffre come una costrizione insopportabile al dispiegamento della sua "prepotenza" sociale!
Questo sentimento d'irrefrenabile pulsione trasgressiva di ogni regola sociale è stato lungamente sperimentato nel nostro recente passato politico ( con gran dabbenaggine ci si è adoperati, perché esso ritornasse!) ed è stato testimoniato dall'iterato ricorso alla tecnica normativa del "condono", che una pletora di asserviti "scrivani e dicitori" con ignobile ipocrisia, ma con sapiente ed efficacia comunicativa, ha prontamente contrabbandato per atto di "libertà collettiva" dalle pastoie regolamentari. Essi, invece, si sono tradotti nella difesa furbesca di enormi e illegittimi interessi personali di ogni natura, sbeffeggiando qualsiasi legale
impedimento con provocatoria ostentazione e dissacrando psicologicamente e
giuridicamente la stessa primitiva concezione della socialità, quale
consueta condizione esistenziale propria della specie umana.
La precoce intuizione della forza di preservazione e tutela individuale,
insita in questa formula culturale di solidale esistenza, ha rappresentato
il fondamentale prerequisito per:
a- soddisfare con maggior successo i bisogni individuali e collettivi;
b- sperimentare vari moduli organizzativi politici ed economici;
c- innescare la formidabile rivoluzione tecnico-scientifica, che ha
introdotto una più efficiente modalità di produzione di beni e servizi, liberando progressivamente la gran parte dell'umanità dall'onerosa e assillante pratica quotidiana della produzione di beni alimentari e strumentali e poter dedicare la libertà di tempo acquisita ad impegni e funzioni più qualificanti sul piano relazionale e su quello intellettuale: ricerca, sperimentazione, riflessione ed elaborazione, le quali esercitano e
potenziano il suo pensiero creativo, conferendo all'uomo un crescente ruolo direttivo nell'ecosistema.
Occorre, per onestà storica, però soggiungere che l'inarrestabile e travolgente evoluzione scientifica ha ovunque coinvolto e tuttora coinvolge attivamente solo un'esigua minoranza sociale, mentre la maggioranza, per pigrizia mentale o ignoranza, ha solo fruito e fruisce, inebriata, dei suoi vantaggi materiali esistenziali, senza comprenderne appieno le potenzialità distruttive e discriminanti, sia derivanti da un uso inconsulto dei suoi prodotti, sia da un omesso doveroso controllo del suo esercizio da parte del potere politico, che spesso ha privilegiato e privilegia nelle sue decisioni finalità estranee agli interessi del popolo. Si è evidenziato, e continua a permanere, in ogni contesto politico/culturale un ricattatorio assoggettamento al potere economico della cultura scientifica, convertita a sofisticato mezzo per la produzione di sistemi bellici sempre più terribilmente distruttivi, ma ipocritamente definiti "intelligenti": gli ordigni accumulati dalle varie potenze nucleari potrebbero polverizzare il nostro pianeta per almeno una decina di volte, ma ciò non è ancora sufficiente per gli strateghi del terrore!
La conoscenza, quindi, ha subito una mutazione funzionale: da strumento di libertà personale e di utilità socio-ambientale a quello di minaccia dell'esistenza, non solo umana, ma, oggi, dell'ecosistema globale!Anche la politica degli Stati è divenuta uno strumento asservito all'economia, di cui soddisfa ogni bramosia speculativa, indipendentemente dagli interessi e bisogni dei popoli, come ha platealmente evidenziato lo stesso processo della globalizzazione, che, pubblicizzata ingenuamente o subdolamente come la panacea dei popoli ancora derelitti, ha evidenziato la sua finalità strategica di essere funzionale al solo profitto delle aziende, che possono minacciosamente delocalizzare le proprie attività produttive senza alcuna remora etica o normativa nazionale, ma ricattando o mortificando qualunque rivendicazione i lavoratori, che hanno visto peggiorare ovunque le condizioni di lavoro, la retribuzione e ogni altro diritto, persino quello relativo alla propria incolumità psico-fisica, sempre più a rischio sia per gli alti ritmi della prestazione, sia per suo allungamento, cui è indotto il dipendente per incrementare il suo miserabile reddito.
Il Vanesio di Arcore ha più volte affermato che detasserà, non la retribuzione, ma il reddito accessorio conseguente alla prestazione straordinaria, che, invece, andrebbe vietata sia per ridurre l'incidentalità lavorativa, sia per aumentare l'occupazione.
La globalizzazione è divenuta l'apogeo della concupiscenza imprenditoriale
per il profitto, la cui opportunità si estende a livello planetario!
Questo processo economico, pur assolutamente inevitabile, andava, però, attivamente e concordemente gestito a livello politico, per graduarne l'impatto commerciale, l'impellenza e l'estensione geografica, consentendo l'armonizzazione dei sistemi normativi e la rimozione degli aspetti più stridenti dei sistemi produttivi e degli standard di qualità della sua oggettistica, attenuando, nel contempo, gli effetti sconvolgenti o distruttivi per le deboli economie di tanti paesi. Non è un voler disconoscere per opportunismo sciovinistico la validità operativa della legge del "libero mercato", ma governarne con molta sensibilità sociale le contingenti deleterie implicazioni! Il nostro sistema economico potrà competere liberamente e con successo con questi nuovi protagonisti economici solo introducendo un alto contenuto tecnologico nella sua produzione merceologica, cioè solo sul piano della qualità! Questa indispensabile innovazione progettuale richiede, però un'accentuazione molto significativa dell'attività di ricerca e, quindi, un sostanzioso apporto di risorse finanziarie, che ne sono la premessa obbligata.
Nel contempo non è toccata miglior sorte ai destinatari della produzione: i consumatori. Essi, infatti, sono stati convertiti da una forsennata, ossessiva e pervasiva pubblicità in acefali biodigestori, cui è impartito l'imperativo etico dell'"uso e getta", prescindendo da alcuna implicazione di natura ecologica o generazionale: l'esistenza di ogni individuo è giustificata solo dal suo attivo ruolo economico, da cui discende la sua stessa valenza sociale, la quale è proporzionale, non tanto alla quantità, quanto alla qualità della merce consumata, da cui deriva l'esasperata ricerca del prodotto firmato da esporre in bella vista sul proprio corpo o nella propria casa. Il consumatore, ormai eterodiretto, è appagato sin dalla tenera età dalla sola merce "griffata", pseudonimo di qualità, altrimenti lo stolto sistema socio-culturale, che si nutre di sola sfrenata e vuota apparenza, l'ostracizza!Questo sistema economico, sordo ad ogni istanza etica e dimentico della sua funzione sociale, idolatra con ineffabile spudoratezza il solo profitto, maturando i tratti del sistema criminale per tutto il nostro ecosistema, giacché ne assorbe ogni risorsa vitale, ne altera le condizioni chimico-fisiche e ne compromette irrimediabilmente ogni possibilità di vita biologica futura! Esso ha operato un lento, ma efficace dirottamento delle pulsioni, relegandole e condensandole nell'unica acritica e inscindibile duplice azione del comprare/consumare: dalla faticosa sublimazione culturale degli istinti alla loro repentina regressione bestiale! E' divenuto l'incontrastabile pifferaio, che sta conducendo l'ilare umanità verso il baratro del "terricidio".Disprezzo energicamente questa degenerata concezione dell'economia e i suoi "santoni", che l'hanno spogliata di ogni benefica funzione comunitaria ed estraniandola dal contesto ecosistemico: produrre, non più per rispondere ad un reale bisogno, ma produrre per indurre un bisogno, perché il fine è il solo profitto ( moderna versione di Dio, cui è molto sensibile la stessa Chiesa ufficiale!), desunto annualmente dal PIL, che è un'abiezione statistica assoluta, giacché ha come referente la sola quantità di beni prodotti, prescindendo da ogni altro aspetto della modalità di vita, non solo dei lavoratori/consumatori, ma di ogni altro componente della comunità!Il progresso economico è tale, non solo se si prefigge di socializzare il soddisfacimento dei bisogni umani, ma, soprattutto, di armonizzare le modalità di produzione e l'uso dei prodotti all'indifferibile e primaria necessità di preservazione dell'integrità del pianeta, altrimenti è da qualificare come regresso! E', ovvio, che questi adempimenti valutativi di carattere "ecumenico" non vengono perseguiti "motu proprio" dal ceto imprenditoriale, che tende a coltivare il suo interesse "particulare", ma devono essere imposti dalla POLITICA. L'esercizio della politica è garantire e tutelare gli interessi collettivi attuali e strategici e non svuotarsi di valori e ideali, divenendo un involucro senza etica , proteso alla sensibilità del solo profitto del privato!Gli asserviti "economisti", infaticabili propugnatori dell'utile di bilancio, sobillano gli "animi sciovinisti" di "microcefali politici", dando corpo a nemici immaginari, per innescare guerre distruttive ed enormemente lucrose, suggestionati dal noto detto vespasiano "pecunia non olet!", aggiornandone solo la fonte miasmatica: non più la deiezione dei corpi, ma, con sommo e ripugnante cinismo, la loro stessa putrefazione! Ogni guerra "Historia docet!" ha sempre avuto una matrice economica, quantunque i promotori, spudoratamente, abbiano cercato di nobilitarla, ammantandola con gran spregiudicatezza e disonestà intellettuale di oziose motivazioni ideali: oggi s'invocano le libertà civili e politiche, ieri l'evangelizzazione e l'inculturazione, violando o ignorando, comunque, il principio antropologico del diritto di ogni comunità umana di evolvere il proprio "modus vivendi" in armonia col proprio ambiente e la propria lettura e rappresentazione simbolica della realtà fisica e metafisica! Vi è ancora un divario evidente e persistente tra l'evoluzione della nostra psicologia ( siamo emotivamente ancora paleolitici!) e la nostra conoscenza scientifica. Nessuno, altrimenti, sarebbe ancora indotto ad ipotizzare il ricorso alla guerra come efficace mezzo per risolvere un qualunque vero o presunto dissidio internazionale, ma riuscirebbe a controllare e a gestire la propria emotività, facendo prevalere la razionalità del confronto verbale, comunque e ovunque. Mi scuso per essermi fatto prendere dalla complessità del tema,
dilungandomi su aspetti attinenti a quello prefisso, di cui, però, sono
l'indispensabile postulato motivazionale.
Rinvio ad altra occasione qualche valutazione sul presente politico, che è
sì difficile, ma non tragico, giacché l'elaborazione progettuale e la strada
imboccata sono innovative e coerenti con le tante aspettative sociali!
Occorre, sempre secondo la mia modesta visione, rendersi credibili con
comportamenti personali e scelte di politica amministrativa, che traducano
il "nuovo" in vissuto sociale quotidiano, giacché il mancato traguardo
elettorale è imputabile, soprattutto, ad una carente credibilità, ad ogni
livello, dei proponenti.
E' necessario, dunque, una paziente azione di socializzazione del programma
e degli obiettivi, affinché si possa arrivare al traguardo elettorale non in
compagnia di molti, ma della maggioranza dei cittadini/votanti!
Ogni sconfitta può essere un'efficace terapia per curare i gli errori, se
si ha l'onestà politica di riconoscerli e l'umiltà di correggerli.
L'ottimismo non solo è figlio della volontà, ma anche della consapevolezza di avere le potenzialità per vincere!
Cari saluti
Emilio
ne hanno rilevato la minacciosa presenza o l'hanno sottovalutata con colpevole negligenza., dimentichi di una "banale" verità: la Democrazia è una forma di gestione politica, che può portare gradualmente anche al bieco autoritarismo attraverso il fascinoso ed emotivamente appagante populismo (Mussolini e Hitler docent!).
Alcuni imprevisti rovesci elettorali amministrativi rientrano in questo atteggiamento di vistosa insensibilità e presuntuosa personalizzazione della politica!Essi sono la denuncia di un protagonismo operativo, che sacrifica il genuino spirito democratico, ribaltandone, non solo la funzione storica contingente, ma anche quella di una necessaria e continua suggestione pedagogica!L'Ente Locale, che è l'articolazione istituzionale dello Stato più prossima ai cittadini, se non ne recepisce i bisogni o elabora per essi, imperativamente, soluzioni non condivise o preventivamente non socializzate, perché viene negletta dal gestore la sua connaturale ed essenziale funzione di servizio comunitario, che lo definisce storicamente e lo giustifica politicamente, verrà percepito come negativo e col tempo si affermerà il convincimento della sua valenza oziosa, accentuandosi la qualificazione di essere solo una sovrastruttura funzionale agli interessi del partito egemone, che vi colloca i suoi più "organici" adepti per provvederli di generosi compensi pubblici, suscitando un moto crescente di opposizione, che in prima istanza è politica e successivamente diviene sociale con venature anarcoide, raccogliendosi e formalizzandosi dietro alle "grida" dell'immancabile "demiurgo" di turno, il quale rinfocola gli animi esasperati con semplificatori comportamenti elettorali qualunquistici!
Il "terrore politico" di ogni autentico democratico( di Destra o di Sinistra !) non è il voto dato ad un'opposizione partitica strutturata su ideali, che esaltino la socialità e l'ossequio delle regole, che ne discendono ( tale eventualità rientra nella fisiologia di ogni sistema politico democratico!), ma è quello dato a chi si fa paladino di una incontrollata ingordigia individualistica, fomentatrice dell'insulsa cultura debellatrice di ogni limite normativo, tralasciando subdolamente la nozione
storico-sociologica che la "regola" è il presupposto indispensabile di ogni aggregazione umana, per quanto primitiva possa essere, la quale tende a progredire, poi, nell'auspicata forma di "Stato di diritto": rivendicazione popolare secolare e tanto sofferta di civilizzazione, perché abolisce ogni forma di soggezione sociale "extra legem" , sostituendola con un perfetto rapporto paritario.
Essa esplica, dunque, una funzione di difesa dei diritti del cittadino "umile" e di garanzia dall'agiredel "potente", che la soffre come una costrizione insopportabile al dispiegamento della sua "prepotenza" sociale!
Questo sentimento d'irrefrenabile pulsione trasgressiva di ogni regola sociale è stato lungamente sperimentato nel nostro recente passato politico ( con gran dabbenaggine ci si è adoperati, perché esso ritornasse!) ed è stato testimoniato dall'iterato ricorso alla tecnica normativa del "condono", che una pletora di asserviti "scrivani e dicitori" con ignobile ipocrisia, ma con sapiente ed efficacia comunicativa, ha prontamente contrabbandato per atto di "libertà collettiva" dalle pastoie regolamentari. Essi, invece, si sono tradotti nella difesa furbesca di enormi e illegittimi interessi personali di ogni natura, sbeffeggiando qualsiasi legale
impedimento con provocatoria ostentazione e dissacrando psicologicamente e
giuridicamente la stessa primitiva concezione della socialità, quale
consueta condizione esistenziale propria della specie umana.
La precoce intuizione della forza di preservazione e tutela individuale,
insita in questa formula culturale di solidale esistenza, ha rappresentato
il fondamentale prerequisito per:
a- soddisfare con maggior successo i bisogni individuali e collettivi;
b- sperimentare vari moduli organizzativi politici ed economici;
c- innescare la formidabile rivoluzione tecnico-scientifica, che ha
introdotto una più efficiente modalità di produzione di beni e servizi, liberando progressivamente la gran parte dell'umanità dall'onerosa e assillante pratica quotidiana della produzione di beni alimentari e strumentali e poter dedicare la libertà di tempo acquisita ad impegni e funzioni più qualificanti sul piano relazionale e su quello intellettuale: ricerca, sperimentazione, riflessione ed elaborazione, le quali esercitano e
potenziano il suo pensiero creativo, conferendo all'uomo un crescente ruolo direttivo nell'ecosistema.
Occorre, per onestà storica, però soggiungere che l'inarrestabile e travolgente evoluzione scientifica ha ovunque coinvolto e tuttora coinvolge attivamente solo un'esigua minoranza sociale, mentre la maggioranza, per pigrizia mentale o ignoranza, ha solo fruito e fruisce, inebriata, dei suoi vantaggi materiali esistenziali, senza comprenderne appieno le potenzialità distruttive e discriminanti, sia derivanti da un uso inconsulto dei suoi prodotti, sia da un omesso doveroso controllo del suo esercizio da parte del potere politico, che spesso ha privilegiato e privilegia nelle sue decisioni finalità estranee agli interessi del popolo. Si è evidenziato, e continua a permanere, in ogni contesto politico/culturale un ricattatorio assoggettamento al potere economico della cultura scientifica, convertita a sofisticato mezzo per la produzione di sistemi bellici sempre più terribilmente distruttivi, ma ipocritamente definiti "intelligenti": gli ordigni accumulati dalle varie potenze nucleari potrebbero polverizzare il nostro pianeta per almeno una decina di volte, ma ciò non è ancora sufficiente per gli strateghi del terrore!
La conoscenza, quindi, ha subito una mutazione funzionale: da strumento di libertà personale e di utilità socio-ambientale a quello di minaccia dell'esistenza, non solo umana, ma, oggi, dell'ecosistema globale!Anche la politica degli Stati è divenuta uno strumento asservito all'economia, di cui soddisfa ogni bramosia speculativa, indipendentemente dagli interessi e bisogni dei popoli, come ha platealmente evidenziato lo stesso processo della globalizzazione, che, pubblicizzata ingenuamente o subdolamente come la panacea dei popoli ancora derelitti, ha evidenziato la sua finalità strategica di essere funzionale al solo profitto delle aziende, che possono minacciosamente delocalizzare le proprie attività produttive senza alcuna remora etica o normativa nazionale, ma ricattando o mortificando qualunque rivendicazione i lavoratori, che hanno visto peggiorare ovunque le condizioni di lavoro, la retribuzione e ogni altro diritto, persino quello relativo alla propria incolumità psico-fisica, sempre più a rischio sia per gli alti ritmi della prestazione, sia per suo allungamento, cui è indotto il dipendente per incrementare il suo miserabile reddito.
Il Vanesio di Arcore ha più volte affermato che detasserà, non la retribuzione, ma il reddito accessorio conseguente alla prestazione straordinaria, che, invece, andrebbe vietata sia per ridurre l'incidentalità lavorativa, sia per aumentare l'occupazione.
La globalizzazione è divenuta l'apogeo della concupiscenza imprenditoriale
per il profitto, la cui opportunità si estende a livello planetario!
Questo processo economico, pur assolutamente inevitabile, andava, però, attivamente e concordemente gestito a livello politico, per graduarne l'impatto commerciale, l'impellenza e l'estensione geografica, consentendo l'armonizzazione dei sistemi normativi e la rimozione degli aspetti più stridenti dei sistemi produttivi e degli standard di qualità della sua oggettistica, attenuando, nel contempo, gli effetti sconvolgenti o distruttivi per le deboli economie di tanti paesi. Non è un voler disconoscere per opportunismo sciovinistico la validità operativa della legge del "libero mercato", ma governarne con molta sensibilità sociale le contingenti deleterie implicazioni! Il nostro sistema economico potrà competere liberamente e con successo con questi nuovi protagonisti economici solo introducendo un alto contenuto tecnologico nella sua produzione merceologica, cioè solo sul piano della qualità! Questa indispensabile innovazione progettuale richiede, però un'accentuazione molto significativa dell'attività di ricerca e, quindi, un sostanzioso apporto di risorse finanziarie, che ne sono la premessa obbligata.
Nel contempo non è toccata miglior sorte ai destinatari della produzione: i consumatori. Essi, infatti, sono stati convertiti da una forsennata, ossessiva e pervasiva pubblicità in acefali biodigestori, cui è impartito l'imperativo etico dell'"uso e getta", prescindendo da alcuna implicazione di natura ecologica o generazionale: l'esistenza di ogni individuo è giustificata solo dal suo attivo ruolo economico, da cui discende la sua stessa valenza sociale, la quale è proporzionale, non tanto alla quantità, quanto alla qualità della merce consumata, da cui deriva l'esasperata ricerca del prodotto firmato da esporre in bella vista sul proprio corpo o nella propria casa. Il consumatore, ormai eterodiretto, è appagato sin dalla tenera età dalla sola merce "griffata", pseudonimo di qualità, altrimenti lo stolto sistema socio-culturale, che si nutre di sola sfrenata e vuota apparenza, l'ostracizza!Questo sistema economico, sordo ad ogni istanza etica e dimentico della sua funzione sociale, idolatra con ineffabile spudoratezza il solo profitto, maturando i tratti del sistema criminale per tutto il nostro ecosistema, giacché ne assorbe ogni risorsa vitale, ne altera le condizioni chimico-fisiche e ne compromette irrimediabilmente ogni possibilità di vita biologica futura! Esso ha operato un lento, ma efficace dirottamento delle pulsioni, relegandole e condensandole nell'unica acritica e inscindibile duplice azione del comprare/consumare: dalla faticosa sublimazione culturale degli istinti alla loro repentina regressione bestiale! E' divenuto l'incontrastabile pifferaio, che sta conducendo l'ilare umanità verso il baratro del "terricidio".Disprezzo energicamente questa degenerata concezione dell'economia e i suoi "santoni", che l'hanno spogliata di ogni benefica funzione comunitaria ed estraniandola dal contesto ecosistemico: produrre, non più per rispondere ad un reale bisogno, ma produrre per indurre un bisogno, perché il fine è il solo profitto ( moderna versione di Dio, cui è molto sensibile la stessa Chiesa ufficiale!), desunto annualmente dal PIL, che è un'abiezione statistica assoluta, giacché ha come referente la sola quantità di beni prodotti, prescindendo da ogni altro aspetto della modalità di vita, non solo dei lavoratori/consumatori, ma di ogni altro componente della comunità!Il progresso economico è tale, non solo se si prefigge di socializzare il soddisfacimento dei bisogni umani, ma, soprattutto, di armonizzare le modalità di produzione e l'uso dei prodotti all'indifferibile e primaria necessità di preservazione dell'integrità del pianeta, altrimenti è da qualificare come regresso! E', ovvio, che questi adempimenti valutativi di carattere "ecumenico" non vengono perseguiti "motu proprio" dal ceto imprenditoriale, che tende a coltivare il suo interesse "particulare", ma devono essere imposti dalla POLITICA. L'esercizio della politica è garantire e tutelare gli interessi collettivi attuali e strategici e non svuotarsi di valori e ideali, divenendo un involucro senza etica , proteso alla sensibilità del solo profitto del privato!Gli asserviti "economisti", infaticabili propugnatori dell'utile di bilancio, sobillano gli "animi sciovinisti" di "microcefali politici", dando corpo a nemici immaginari, per innescare guerre distruttive ed enormemente lucrose, suggestionati dal noto detto vespasiano "pecunia non olet!", aggiornandone solo la fonte miasmatica: non più la deiezione dei corpi, ma, con sommo e ripugnante cinismo, la loro stessa putrefazione! Ogni guerra "Historia docet!" ha sempre avuto una matrice economica, quantunque i promotori, spudoratamente, abbiano cercato di nobilitarla, ammantandola con gran spregiudicatezza e disonestà intellettuale di oziose motivazioni ideali: oggi s'invocano le libertà civili e politiche, ieri l'evangelizzazione e l'inculturazione, violando o ignorando, comunque, il principio antropologico del diritto di ogni comunità umana di evolvere il proprio "modus vivendi" in armonia col proprio ambiente e la propria lettura e rappresentazione simbolica della realtà fisica e metafisica! Vi è ancora un divario evidente e persistente tra l'evoluzione della nostra psicologia ( siamo emotivamente ancora paleolitici!) e la nostra conoscenza scientifica. Nessuno, altrimenti, sarebbe ancora indotto ad ipotizzare il ricorso alla guerra come efficace mezzo per risolvere un qualunque vero o presunto dissidio internazionale, ma riuscirebbe a controllare e a gestire la propria emotività, facendo prevalere la razionalità del confronto verbale, comunque e ovunque. Mi scuso per essermi fatto prendere dalla complessità del tema,
dilungandomi su aspetti attinenti a quello prefisso, di cui, però, sono
l'indispensabile postulato motivazionale.
Rinvio ad altra occasione qualche valutazione sul presente politico, che è
sì difficile, ma non tragico, giacché l'elaborazione progettuale e la strada
imboccata sono innovative e coerenti con le tante aspettative sociali!
Occorre, sempre secondo la mia modesta visione, rendersi credibili con
comportamenti personali e scelte di politica amministrativa, che traducano
il "nuovo" in vissuto sociale quotidiano, giacché il mancato traguardo
elettorale è imputabile, soprattutto, ad una carente credibilità, ad ogni
livello, dei proponenti.
E' necessario, dunque, una paziente azione di socializzazione del programma
e degli obiettivi, affinché si possa arrivare al traguardo elettorale non in
compagnia di molti, ma della maggioranza dei cittadini/votanti!
Ogni sconfitta può essere un'efficace terapia per curare i gli errori, se
si ha l'onestà politica di riconoscerli e l'umiltà di correggerli.
L'ottimismo non solo è figlio della volontà, ma anche della consapevolezza di avere le potenzialità per vincere!
Cari saluti
Emilio
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